Commento giurisprudenziale
Denegata paternità danni risarcibili
Nota a ordinanza Cassazione Civile n. 9255/2021
Di Roberto Campagnolo, avvocato
Con ordinanza n. 9255 del 2021 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un figlio in tema di risarcimento del danno da denegata paternità.
Questi asseriva che l’ansia e lo stress conseguente al mancato riconoscimento da parte del padre gli avrebbe provocato un disturbo bipolare.
In primo grado, il figlio chiedeva un risarcimento da danno patrimoniale e non patrimoniale in base al nesso di causalità tra il suo disturbo della personalità e la denegata paternità.
La Corte d’Appello aveva tuttavia escluso tale nesso e disconosciuto il diritto ad un risarcimento.
La Corte di Cassazione, invece, ha accolto il ricorso, fondandolo tuttavia sul denegato riconoscimento della paternità, col mancato conseguimento dei relativi vantaggi socio – economici, e non sulla sussistenza del disturbo bipolare, come richiesto dal figlio.
La Suprema Corte ha infatti osservato come la richiesta di risarcimento da danno patrimoniale fosse stata invocata sul presupposto del mancato raggiungimento di status e non su quello della causazione di un evento medico – patologico quale il disturbo bipolare.
In buona sostanza, la Cassazione ha rilevato un errore in Appello circa l’esatta qualificazione della causa petendi (danno patrimoniale conseguente a perdita di status e non danno biologico riconducibile alla patologia).
Ai sensi dell’art. 112 cod. proc. Civ. il Giudice si deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa.
Secondo la Suprema Corte, nel caso de quo la Corte d’Appello sarebbe incorsa nel vizio di extrapetizione.
Con sentenza Cassazione Civile Sez. Unite 16.11.2017 n. 27199 la Suprema Corte è intervenuta per chiarire il requisito della specificità dei motivi d’Appello.
Tale pronuncia si è resa necessaria a seguito dell’emanazione del Decreto Legge n. 83/2012, che ha introdotto importanti modifiche agli artt. 342 e 434 c.p.c., ingenerando pronunce contrastanti e, in quanto tali, necessitanti di un formale approfondimento e di una sostanziale uniformità di giudizio.
In questa fondamentale sentenza le Sezioni Unite, tra l’altro, hanno affermato che l’interpretazione degli artt. 343 e 344 c.p.c., nel testo di cui al dl. n. 83 del 2012 – convertito con modifiche in l. n. 134 del 2012 – consente di affermare che l’impugnazione debba individuare chiaramente i punti controversi.
Inoltre, per Corte di Cassazione, sezione III civile, 2 luglio 2021, n. 18808, e secondo consolidata giurisprudenza, per causa petendi idonea ad identificare la domanda di parte non devono intendersi le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì le circostanze di fatto poste alla base di questa.
A parere di chi scrive, tuttavia, l’ordinanza di cui al commento merita ulteriori considerazioni, segnatamente sotto il profilo dell’analisi del concetto di causa.
La causa, o, più precisamente, il nesso di causalità che collega un fatto ad un determinato evento è la relazione che lega in senso naturalistico un atto, o un fatto, e l’evento che deriva da esso.
Secondo la teoria della causa efficiente bisogna attentamente separare gli antecedenti causali, al fine di individuare la causa dell’evento.
Individuando la causa prossima nell’ultima condizione che completa la serie degli antecedenti causali, non si può non tenere in considerazione anche l’evento “disturbo bipolare” quale ultima conseguenza, come tale risarcibile in base al nesso di causalità, del diniego di paternità.
Ad ogni buon conto, non va attuata una rigida applicazione della regressio ad infinitum operata dalla interpretazione più severa e restrittiva della condicio sine qua non, secondo la quale genera un effetto voluto solamente la causa la quale si pone come inevitabile condizione, priva della quale l’evento verrebbe meno.
Anche considerando il nesso di causalità alla luce di uno studio controfattuale, il quale accerti se in mancanza del fatto dannoso non si sarebbe verificato l’evento porta a ritenere rilevante, nella fattispecie de quo, anche il danno biologico da sopravvenuto disturbo bipolare, quantunque quest’ultimo indagato clinicamente sulla base della cosiddetta “causalità scientifica”.
Sull’altro fronte, il disturbo bipolare costituisce causa da sola sufficiente a cagionare l’evento.
Il giudizio sull’esistenza del nesso di causalità è fondato sul tracciamento degli eventi probabilistici ( possibilistici, scientifici e sociali).
Il doppio nesso di causalità nel giudizio va comunque sempre attentamente valutato, ritenendo sussistente un nesso laddove i sia un pari grado di possibilità dell’evento, in relazione alle possibili situazioni fattuali (casi).
Da ultimo, occorre sottolineare come il danno biologico rappresenti qualche cosa di completamente differente dal danno dovuto al mancato raggiungimento della posizione socio – economica conseguente all’acquisizione dello status di figlio.
I due tipi di danno, in definitiva, possono coesistere.
Per tutti questi motivi è corretta l’ordinanza de quo, la quale ravvisa un vizio di extrapetizione; tuttavia la Suprema Corte, nel cassare con rinvio, dovrebbe anche indicare alla Corte d’Appello i sovraesposti criteri di qualificazione del nesso di causalità, da un lato, e della tipologia del danno, dall’altro.
Avv. Roberto Campagnolo