L’accettazione dell’eredità: questioni processuali 

Il nostro ordinamento riconosce il principio in base al quale nessuno è erede contro la propria volontà. L’eredità in Italia, dunque, si acquista con l’accettazione (art. 459 c.c.), In giurisprudenza, la semplice delazione a seguito dell’apertura della successione non è sufficiente all’acquisto dell’eredità: essa si verifica in seguito all’adìtio del chiamato, ovvero al compimento di atti che presuppongono la qualifica di erede (pro herede gestio). Di talché, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 c.c., l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita.

Lo Studio legale avvocato Roberto Campagnolo & associati, esperto in diritto delle successioni, è competente in materia di accettazione dell’eredità.

In caso di azione per controversie in ordine alla qualità di erede, inoltre , incombe sull’attore l’onere della prova della qualità di erede nei confronti del convenuto  (Cass., 6 maggio 2002, n. 6479, in Foro it., Rep. 2002, cit., 48; Cass., 30 ottobre 1991, n. 11634, in Foro it., Rep. 1991, cit., 55; Cass., 10 marzo 1987, n. 2489, in Foro it., Rep. 1987, cit., 49). Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte la legge attribuisce direttamente al chiamato la qualità di erede, ritenendo la sua volontà totalmente irrilevante. (Corte di Cassazione, sentenza 28-11-58, n. 3811). Sul punto giurisprudenza di merito (Tribunale Ivrea, civile Sentenza 23 maggio 2014, n. 231; in tal senso anche Tribunale Perugia, Sezione L civile Sentenza 15 febbraio 2013, n. 88) ha affermato che  la delazione ereditaria ed il possesso dei beni ereditari sono circostanze necessarie ma non sufficienti all’acquisto della qualità di erede. Secondo Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 22 gennaio 2020, n. 1438. l’accettazione tacita di eredità può  essere desunta dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano espressione della volontà di accettare. Per la giurisprudenza di legittimità della Cassazione la delazione ereditaria non è di per sé sufficiente, pur costituendone un presupposto, per l’acquisto della qualità di erede, essendo necessaria anche l’accettazione da parte del chiamato. Sicché, in un giudizio instaurato nei confronti del preteso erede, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all’ art. 2697 c.c., l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione di eredità, espressa o tacita  (Corte di Cassazione, sentenza 30 aprile 2010, n. 10525; Corte di Cassazione, sentenza 6 maggio 2002, n. 6479, Corte di Cassazione, sentenza n. 2849/1992; Corte di Cassazione, sentenza n. 1885/1988; Corte di Cassazione, sentenza n. 2489/1987; Corte di Cassazione, sentenza n. 5105/1985). Lo Studio legale avvocato Roberto Campagnolo & associati, esperto in diritto delle successioni, è competente in tema di accettazione dell’eredità, espressa o tacita. In tema di accettazione con beneficio d’inventario, gli eredi dovranno provare tale qualità attraverso un ordinario processo di cognizione, mentre i creditori avranno solamente l’onere di eccepirne l’eventuale decadenza. In giurisprudenza, infine, è stato più volte sostenuto che l’eccezione relativa al beneficio d’inventario non può essere invocata in sede di esecuzione e nel giudizio di opposizione, né può essere fatta valere per la prima volta in sede di rinvio dalla Cassazione. L’erede beneficiato, poi, risponde dei debiti ereditari, secondo un consolidato indirizzo della Cassazione, non solamente intra vires, ma anche cum viribus hereditatis. Mentre, come deciso da Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 26 novembre 2014, n. 25116, e in tal senso anche Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 15 luglio 2003, n. 11030, il creditore che, agendo contro l’erede accettante con beneficio d’inventario, intenda farne valere la responsabilità “ultra vires” per il mancato compimento dell’inventario stesso nei termini previsti dagli artt. 485 e 487 c.c., non ha alcun onere di provare la dedotta omissione o ritardo, dovendo per converso, provare, in positivo, la circostanza “de qua“, rappresentando la tempestiva formazione dell’inventario un elemento costitutivo del relativo beneficio. Lo Studio Legale avvocato Roberto Campagnolo & associati, esperto in diritto delle successioni, è competente in materia di accettazione dell’eredità, espressa o tacita, pura e semplice o con beneficio d’inventario.