Cass. civ., sez. II, ord., 28 dicembre 2022, n. 37927 Presidente Manna – Relatore Varrone
“Nel sistema delineato dagli artt. 519 e 525 c.c., in tema di rinunzia all’eredità – la quale determina la perdita del diritto all’eredità ove ne sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri chiamati – l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile” (Cfr. Sez. 2, Sent. n. 21014 del 2011 e Sez. 2, Sent. n. 3958 del 2014 Sez. 3, Sent. n. 4846 del 2003).
I.C.C. conveniva in giudizio I.D. , I.A. , I.R. , I.G. , Io.Ca. , I.R. , I.M. , I.M. , esponendo che in nome e per conto dei suddetti familiari aveva curato un’operazione immobiliare culminata nella realizzazione di civili abitazioni in (omissis) . La domanda avanzata nei confronti dei convenuti, al di fuori di Io.Ca. , era fondata e doveva essere accolta.
I.A. , I.M.A. , quali eredi di I.D. , I.D. , I.M. e I.T. , quali eredi di I.A. , proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
I.C.C. si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Napoli dichiarava inammissibile e al contempo rigettava l’Appello.
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(…) gli appellanti nel primo giudizio si erano affermati chiaramente eredi di I.D. e di I.A. e avevano posto in discussione la mancanza di prova di tale qualità solo in appello. Esaminando gli atti di primo grado, emergeva che gli appellanti avevano tenuto sul punto un comportamento contraddittorio visto che dopo essersi affermati eredi, pur avendo evidenziato di aver rinunciato all’eredità del loro dante causa, si erano espressamente riportati alle argomentazioni sviluppate dai rispettivi de cuius. Tale condotta era palesemente incompatibile con la dichiarazione di voler rinunciare all’eredità, configurandosi, sempre in considerazione della revocabilità della rinuncia, come comportamento concludente chiaramente integrante accettazione tacita dell’eredità. In altri termini la Corte d’Appello riscontrava un comportamento inconciliabile con la volontà di rinuncia all’eredità.
A parere dei ricorrenti la Corte d’Appello avrebbe invertito l’onere della prova ritenendo che la legittimazione passiva dovesse essere provata dai ricorrenti nonostante la loro rinuncia all’eredità.
La Corte d’Appello avrebbe violato (…) gli artt. 519 521 e 525, in combinato disposto con l’art. 476 c.c., e art. 110 c.p.c., avendo ritenuto sussistente un comportamento da parte dei ricorrenti inconciliabile con la volontà di rinunciare.
I ricorrenti hanno rinunciato all’eredità con atto rilasciato dinanzi al funzionario della volontaria giurisdizione del Tribunale di Nola. La Corte d’Appello di Napoli ha erroneamente ritenuto che la loro costituzione in giudizio e la richiesta di rigetto nel merito della domanda attorea comportasse una revoca tacita alla rinuncia all’eredità mediante comportamenti concludenti espressione di tale volontà.
La rinuncia all’eredità consiste in un atto giuridico unilaterale. Il compimento dell’atto determina la perdita del diritto all’eredità ed il rinunciante è considerato come se non fosse stato mai chiamato (cosiddetto effetto retroattivo della rinuncia). Fino a quando non si verifichi l’acquisto dell’eredità da parte degli altri chiamati, tuttavia, il rinunziante può sempre esercitare il diritto di accettazione (art. 525 c.c.).
Lo Studio Legale avvocato Roberto Campagnolo & associati, esperto in diritto delle successioni, è competente in controversie, sostanziali e processuali, riguardanti la rinuncia, espressa o tacita, all’eredità.
In considerazione di queste rilevanti conseguenze l’art. 519, già richiamato, richiede che l’atto di rinuncia sia rivestito da una forma solenne, con
dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere ( ) e inserita
nel registro delle successioni. Si è affermato che, ai sensi dell’art. 519 c.c., la dichiarazione di rinunzia all’eredità non può essere sostituita neanche da una scrittura privata autenticata. La forma suddetta è a pena di nullità, in quanto l’indicazione dell’art. 519 c.c., rientra tra le previsioni legali di forma “ad substantiam“, di cui all’art. 1350 c.c., n. 13, (Sez. 2, Sent. n. 4274 del 2013).
La Corte di merito non si è adeguata a tale principio, ha, erroneamente ritenuto che, con la loro condotta processuale, i ricorrenti abbiano implicitamente revocato la rinuncia all’eredità e ha, conseguentemente, accolto la domanda avanzata nei loro confronti.
Lo Studio legale avvocato Roberto Campagnolo & associati, esperto in diritto delle successioni, è competente in controversie, sostanziali e processuali, in materia di rinuncia all’eredità.
Ordinanza n. 21006 del 22 luglio 2021.
“Il chiamato all’eredità che vi abbia validamente rinunciato non risponde dei debiti del “de cuius“, neppure per il periodo intercorrente tra l’apertura della successione e la rinuncia, avendo quest’ultima effetto immediato e retroattivo. (…)
Con questa ordinanza la Cassazione torna sugli effetti della rinuncia all’eredità, nonché sui rapporti tra quest’ultima e la presentazione della dichiarazione di successione (Cfr. nota di Alessandro Vannini e Francesco del Santo, NTplus diritto 27 luglio 2021).
In sede di gravame (cfr. CTR Puglia, sentenza 192/2013) i giudici d’Appello, rilevata l’intervenuta rinuncia all’eredità da parte degli appellanti, avevano escluso la loro qualità di eredi, precisando inoltre che la presentazione della dichiarazione di successione non è atto suscettibile di determinare l’accettazione dell’eredità (cfr. Cass. da ultimo ordinanza n. 15871/2020). L’Agenzia dell’Entrate, parte in causa, ricorreva alla Suprema Corte, eccependo che la rinuncia all’eredità sarebbe revocabile entro il termine decennale dall’apertura della successione, e sempre che non vi sia stata accettazione da parte di altri chiamati. Se l’apertura della successione determina la chiamata all’eredità ( art. 457 c.c.), l’impugnazione di un atto giuridico determina l’acquisto della qualità di erede per costante giurisprudenza (Cass. ordinanza n. 23989/2020). Il chiamato all’eredità non può più rinunciarvi (semel heres semper heres). Ad ogni modo, l’art. 481 c.c. (richiamato dall’art. 36, comma 4 del TUS) consente a chiunque vi abbia interesse di adire l’autorità giudiziaria per fissare un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinuncia all’eredità (cd. “actio interrogatoria”) (Cass. civ, ordinanza n. 15871/2020; ordinanza n. 19030/2018; ordinanza n. 17970/2018). Infine, se la rinuncia all’eredità avviene in danno dei creditori del rinunciante, questi possono agire per farsi autorizzare ad accettare l’eredità in luogo del rinunciante stesso (art. 524 c.c.). Lo Studio legale avvocato Roberto Campagnolo & associati, esperto in diritto delle successioni, è competente in materia di controversie ereditarie, quale appunto la rinuncia, espressa o tacita, sul piano sostanziale oppure processuale, all’eredità.