È valido un testamento epistolare?
Una lettera può costituire testamento purché datata e sottoscritta dal testatore e sussistano tutti i requisiti dettati dall’art. 602 del Codice Civile.
Non è necessaria, invece, l’effettiva spedizione della lettera, in quanto la forma epistolare non trasforma il testamento in atto recettizio.
Al contempo, l’eventuale spedizione della lettera al chiamato o al terzo non incide sulla possibilità del testatore di revocare la disposizione.
Anche la Suprema Corte si è espressa sul punto, con sentenza n. 26791/2016, affermando come la lettera indirizzata ad una o più persone, a prescindere dal fatto che queste siano o meno gli eredi, possa essere considerata un valido testamento purché si evincano dal testo le ultime volontà del testatore ed il contenuto della stessa sia riconducibile inequivocabilmente a lui, non rilevando il fatto che il testamento non sia stato scritto nelle forme classiche, se dagli elementi del documento si possono ricavare con certezza la volontà e la riferibilità delle disposizioni al testatore.
Ed invero il Supremo Collegio, con la pronuncia sopra menzionata, ribadisce il noto principio secondo cui “nell’interpretazione del testamento il giudice di merito deve accertare secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall’art. 1362 c.c. – applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria – quale sia l’effettiva volontà del testatore, comunque espressa, valutando congiuntamente e in modo coordinato l’elemento letterale e quello logico dell’atto unilaterale, nel rispetto del principio di conservazione“.
Tale principio ben può applicarsi anche in peculiari ipotesi quali il testamento a mezzo lettera, ammessa e ragionevolmente ritenuta espressione non anomala di manifestazione della volontà testamentaria.