In epoca di pandemia da Covid – 19 si è assistito ad una notevole limitazione dei diritti costituzionalmente garantiti, volta a tutelare il supremo bene della salute ex art. 32 della nostra Carta fondamentale.
Nel fare ciò, il legislatore si è lasciato guidare dai principi di prevenzione, precauzione, proporzionalità ed adeguatezza.
A fronte della tutela della salute dei cittadini, altri diritti costituzionali hanno subito una compressione, quali la libertà personale ovvero la libertà di circolazione.
La libertà di circolazione ex art. 16 Costituzione può essere limitata solo per ragioni di sanità o di sicurezza. Essa gode, cioè, di una riserva di legge rafforzata.
Per questo motivo, pur a fronte della tutela del bene – salute, la libertà di circolazione deve essere garantita o limitata in un continuo bilanciamento con gli altri diritti e libertà costituzionalmente garantiti.
La fonte normativa inizialmente adottata dal nostro legislatore per contenere la diffusione del contagio è il Decreto Legge (n. 6 del 2020), quindi una fonte che rientra nell’alveo della nostra democrazia parlamentare.
In seguito, ulteriori provvedimenti restrittivi, i quali comunque poggiano e trovano legittimazione nelle norme – cornice di cui al Decreto Legge, sono state adottate con d. p. c. m ovvero con fonti regolamentari regionali o comunali (ad esso subordinate).
Il provvedimento di maggiore rilievo, sotto il profilo generale e astratto, è dunque il Decreto-Legge n. 6 del 2020, che contiene un elenco delle misure che potranno essere adottate per contenere la diffusione del contagio. Fra queste, l’art. 1, c. 2, lett. a) prevede il «divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata» e la successiva lettera b) prevede il «divieto di accesso al comune o all’area interessata».
La principale limitazione in periodo di pandemia è stata pertanto quella concernente la libertà di circolazione e il divieto di uscire di casa per evitare l’infezione da Covid 19. A essa si è aggiunto il coprifuoco, in un primo tempo solamente in alcune regioni, successivamente esteso a tutto il territorio nazionale.
Anche i trasporti pubblici sono stato contingentati o soppressi, di talchè si poteva solamente, in epoca di lockdown, uscire per fare la spesa o per recarsi dal dottore.
In molti comuni il traffico è stato chiuso o limitato per far fronte alla pandemia, con conseguente blocco delle merci al confine di Stato.
Sul fronte della tutela della salute, si è assistito ad un continuo bilanciamento fra principio della cura, da un lato, e prevenzione del contagio, dall’altro.
La principale misura di contenimento della pandemia è stata dunque il lockdown, e tutti i cittadini italiani hanno avuto il dovere di stare in casa per contenere la diffusione del virus.
Oggi stiamo vivendo ancora un’epoca difficile, in cui il diritto dell’emergenza ha preso il posto dei normali interventi legislativi, come è previsto che accada per ragioni di sicurezza, salute pubblica, protezione civile e profilassi internazionale.
Accanto agli aiuti ai singoli ed alle imprese in difficoltà economiche, per far fronte alla pandemia, estrema cura ed attenzione, da parte del nostro SSN, è stata posta per i sistemi ed il personale sanitario, la cura degli infetti e la prevenzione dei contagi.
Accanto al ruolo giocato dalle ordinanze di Regioni, Province e Comuni, fondamentale è stato il contributo del Governo.
La pandemia, così, è stato (ed è tuttora) un fenomeno il quale ha avviato processi giuridici non transitori, bensì in qualche maniera irreversibili.
Pur evitando il rischio di una deriva autoritaria, in epoca di pandemia sono state adottate misure estremamente rigorose.
Al tempo stesso, per seguire l’andamento epidemiologico, sono stati adoperati strumenti flessibili, come appunto il d. p. c. m.
Se la limitazione alla libertà di circolazione e soggiorno può avvenire solamente attraverso una riserva di legge rinforzata per motivi di sanità o di sicurezza, la tutela amministrativa è stata da più parti ritenuta del tutto insufficiente a coprire il rischio della diffusione della pandemia.
Si tratta, in buona sostanza, dell’annoso problema delle ordinanze e della relazione delle fonti di rango secondario, le quali non dovrebbero confliggere con norme di rango primario.
Molti giuristi ritengono, dunque, che per far fronte all’epidemia sarebbe stato necessario un provvedimento legislativo, il quale restituisse centralità al Parlamento.
La legittimazione, ad ogni modo, è stata data al Governo dal dl n 6/2020, che ha rimesso i poteri attuativi al Presidente del Consiglio.
Sotto il profilo dei rapporti fra Stato e Regioni, tutela della salute e protezione civile sono materie disciplinata da legislazione concorrente ex articolo 117 Cost. La profilassi internazionale riguarda invece materie coperte da riserva assoluta dello Stato. Sono previsti quindi provvedimenti di controllo e prevenzione della profilassi infettiva disciplinati dal Governo.
In epoca di pandemia, si è assistito, per ragioni di necessità e di urgenza, ad un’ampia attrazione dello Sato nelle funzioni a carattere amministrativo.
Benché per i ricordati motivi di necessità e di urgenza possano essere intraprese azioni a carattere locale, fondamentale rimane il principio di uguaglianza nel trattamento riservato ai cittadini su tutto il territorio nazionale, nel rispetto del principio di sussidiarietà nel governo del territorio. Così, le ordinanze dell’ Autorità locale debbono essere congiunte a quelle del Ministero della Salute, sentito il comitato scientifico e la Protezione Civile.
L’approccio prescelto dall’Italia è il d. p. c. m., per il quale il Governo è in costate rapporto col Ministero della Salute, di concerto con le Autorità locali, e sentito il Comitato scientifico della Protezione Civile.
Rispetto al d. p. c. m. il Ministro della Salute può disporre misure più ampie, ovvero più restrittive.
Onde evitare un eccessivo protagonismo delle Regioni, cosa che si è di fatto verificata, ogni provvedimento adottato in materia di sanità o di sicurezza deve essere preso di concerto col Ministero della Salute.
Le misure restrittive in materia di circolazione sono state draconiane, quali: chiusura degli esercizi pubblici e didattica a distanza.
Con riferimento all’opera svolta da Regioni e Comuni rispetto all’intervento del Governo, e dunque dello Stato, il T.A.R. ha rilevato l’eccesso di potere, dando vita ad uno strascico di contenziosi che sarà, si prevede, piuttosto lungo,
In una strategia da adattamento aperta ai contributi della città metropolitana, nel garantire orari di spostamento ed una sorta di mobilità dolce, il sistema istituzionale è apparso in notevole affanno ed in difficoltà.
Oggi si assiste ad una marginalizzazione del Parlamento ed al ruolo importante di Regioni, Province e Comuni nella gestione della pandemia.
In tema di sospensione delle libertà fondamentali, tuttavia, deve ad ogni costo valere il principio di legalità, e l’assunzione di doveri a contenuto solidaristico.
A fronte di dritti a pari rango indicati in Costituzione, la clausola in bianco al Governo nella gestione delle emergenze non può valere in assoluto.
Lo stato d’eccezione, infatti, si presta ad equivoci.
E’ quindi necessario rispettare il principio di proporzionalità ed adeguatezze e, altresì, procedere alla riforma della protezione civile e delle strutture sanitarie, qualora il sistema non regga adeguatamente alla dura prova cui la situazione emergenziale lo ha sottoposto.
di Roberto Campagnolo, avvocato, patrocinante in Cassazione.