Alienazione parentale: è ammissibile l’affido esclusivo del minore al genitore alienato
In presenza di una sindrome di alienazione parentale, si dimostra priva di capacità genitoriale la madre che, con i condizionamenti esercitati sul figlio, ha annientato il rapporto del minore con il padre, così compromettendo il suo equilibrio interiore, così da esporlo ad un alto rischio di relazioni sociali e affettive disfunzionali. Il minore va, perciò, affidato in via esclusiva al padre il quale, nel corso del giudizio, ha sempre mostrato particolare attenzione alle esigenze del figlio ed ha manifestato rispetto verso la figura materna, ritenuta dallo stesso essenziale per la serenità del figlio, nonostante l’alto livello di conflittualità coniugale, così rivelando un’indubbia maturità.
Lo stabilisce il Tribunale di Castrovillari, 27 luglio 2018, n. 728.
Orbene, la teoria della PAS (Parental Alienation Syndrome) è stata introdotta in Italia nel 1997 con la traduzione dell’articolo di un medico americano, il dott. Richard Alan Gardner (1931-2003), pubblicato nel 1985 sulla rivista Academy Forum.
La sindrome è a tutt’oggi una ipotetica e controversa dinamica psicologica disfunzionale che, secondo le teorie dello statunitense Richard Gardner, si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione o divorzio conflittuale dei genitori, non adeguatamente mediati. Gardner definisce la PAS come un disturbo, effetto di una supposta programmazione, quando non vera e propria manipolazione, del bambino da parte di un genitore cosiddetto “alienante”.
Secondo Gardner, la PAS è riconoscibile da otto sintomi:
1. campagna di denigrazione verso il genitore rifiutato, e che comprende false accuse di violenza intrafamiliare o di abusi sessuali e incestuosi;
2. motivazioni futili per giustificare il rifiuto: il bambino motiva il suo disagio verso il genitore che rifiuta adducendo motivazioni insensate o prive di logica o meramente superficiali;
3. mancanza di ambivalenza: il genitore rifiutato è visto dal bambino come “completamente negativo”, l’altro come “completamente positivo”;
4. fenomeno del pensatore indipendente: la determinazione del bambino ad affermare di saper ragionare senza influenze esterne;
5. sostegno al genitore alienante: il bambino prende posizione sempre e soltanto a favore del genitore “alienante”;
6. assenza di senso di colpa verso il genitore alienato: tutte le espressioni di rifiuto, di disprezzo, di accusa verso il genitore rifiutato o “alienato” sono secondo il bambino una sorta di “giusta punizione” e sono meritate;
7. presenza di sceneggiature prese a prestito: ciò che il bambino riferisce su quello che gli ha fatto il genitore rifiutato;
8. animosità verso la famiglia e gli amici del genitore alienato.
Il rimedio a tale “sindrome” consisterebbe nel “resettare” il bambino dalla manipolazione subita con l’allontanamento dal genitore alienante; ciò significa che, in caso di perdurante rifiuto nei confronti dell’altro genitore, il bambino dev’essere collocato provvisoriamente in una comunità etero-familiare. Tale rimedio è stato definito da più parti “terapia della minaccia”.